Addio al marketing molesto. La gentilezza, la carta vincente
Una ricerca dell’Università Cattolica sottolinea come l’esigenza sia maggiormente sentita dalle fasce più giovani, i millennial e generazione Z: il 62% chiede manager umani ed empatici.
GoFundMe colosso statunitense del fundraising tramite internet, ha scelto volti e voci di persone che raccontano storie, per realizzare la sua prima campagna online. Un progetto che racconta storie di gentilezza.
AdWeek, la bibbia del marketing, ne ha dato un giudizio molto positivo ed ha anche segnalato che, l’attenzione futura sui brand, si giocherà su relazioni di valore incentrate sulla gentilezza, perché nel mondo nuovo e post-pandemico non c’è più posto per iniziative muscolari o autoreferenziali.
Si moltiplicano così campagne di marketing incentrate sull’empatia come elemento cardine.
Eppure non si tratta di un tema nuovo.
Dal 1998, nel mondo, ogni anno il 13 novembre, si festeggia la giornata mondiale della gentilezza ( il World Kindness Day). Un movimento nato per sensibilizzare governi e cittadini su atti di educazione civica, perché essere gentili, in ogni ambito del vivere quotidiano, migliora la vita dei singoli e delle comunità.
La pandemia ha indubbiamente portato alla luce l’importanza di questo potente collante sociale su cui ormai le persone fanno affidamento quale motore di cambiamento anche post emergenza. D’altronde la gentilezza è una questione di empatia.
Come dice Wolfgang Goethe si tratta della catena d’oro con la quale la società viene tenuta insieme.
Il guru del marketing Seth Godin nel suo ultimo libro “La regola”, edito in Italia per Roi Edizioni, evidenzia come le aziende moleste nei confronti di cittadini e consumatori siano arrivate al capolinea.
“Avranno successo quelle realtà che non infastidiscono. Oggi non c’è più spazio per gli squali», ha precisato Godin.
In verità i brand non hanno ancora compreso quanto siano esigenti le nuove generazioni, che chiedono non solo sostenibilità ed etica, ma anche feedback costanti e capi gentili.
Le aziende devono iniziare ad ascoltare davvero, sforzandosi di cambiare procedure e stili consolidati, sia nel marketing sia nella comunicazione esterna e interna, se vogliono conquistare e trattenere i giovani, come clienti e dipendenti.
Il reale motore di uno slow brand è lo slow boss: un capo che sa ascoltare, fare squadra, condividere successi e fallimenti, essere gentile.
I brand che prima della pandemia avevano già nel loro DNA questi tratti slow, compresa la gentilezza, sono quelli che hanno mantenuto la rotta in questo difficile anno.