Grazie!
Grazie, in rigoroso ordine alfabetico a Claudio Baglioni, Lucio Battisti, Edoardo Bennato, Adriano Celentano,
Riccardo Cocciante, Lucio Dalla, Pino Daniele, Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Giorgio Gaber, Ricky Gianco, Francesco Guccini, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Domenico Modugno, Gianna Nannini, Gino Paoli, Luigi Tenco ,Roberto Vecchioni, Antonello Venditti.
Io volevo essere uno di loro.
Ci ho anche provato e, per un po’, ci sono riuscito contro tutti e tutto.
Sono stato quello che si può definire un ottimo dilettante. Le loro canzoni mi hanno permesso di ricevere applausi, di divertire gli amici e anche… di far innamorare qualche ragazzina.
Una generazione speciale, la mia, quella che oggi verrebbe definita la generazione del ’68.
Da quegli anni in poi, la musica ha avuto, per le giovani generazioni, il ruolo di lingua mondiale, unificando i popoli molto più della politica o delle religioni.
Giovani di tutte le nazionalità si sono incontrati a Woodstock o all’Isola di Wight, fraternizzando in due ore come mai sarebbero riusciti a fare, dibattendo i loro problemi per giorni e giorni.
In quegli anni, sull’onda del pacifismo e dell’amore per gli altri, la musica era semplicemente comunicare con la gente, soprattutto quella della nostra età.
E io mi ci sono buttato.
Già nel 1966, a soli 14 anni, partecipai al Festival studentesco che coinvolse tutte le scuole superiori di Milano.
La totale ignoranza della lingua inglese mi portò, immediatamente, a interpretare le canzoni dei principali complessi italiani, i Camaleonti, i Dik Dik, l’Equipe 84, i Giganti.
Subito dopo, sfasciati due o tre complessi per il mio carattere anarchico e zingaresco, iniziai a interpretare i cantautori, primi fra tutti Francesco Guccini e Fabrizio De Andrè.
Quante notti sulla spiaggia, quanti fuochi, quante bottiglie di vino e poi, finalmente un palcoscenico, microfoni, riflettori e… il pubblico.
Naturalmente facevo tutto ciò solo e unicamente per passione: “vendere non passava tra i miei rischi”, per fare una dotta citazione.
Non mi sembra che gli adolescenti di oggi abbiano lo stesso amore per la musica, soprattutto per la musica condivisa, cantata insieme.
Oggi la musica è fruita singolarmente e perde, così, quella sua caratteristica di linguaggio universale che unisce e rende fratelli gli uomini di qualunque lingua, religione e appartenenza.